giovedì 17 marzo 2016

CIBO E RELIGIONI



Nel contesto multiculturale e multireligioso attuale ci sono conflitti che insorgono nelle società anche a causa di convinzioni religiose che riguardano il cibo, il modo di macellare gli animali, ecc. Garantire ai fedeli la possibilità di esercitare la loro religione, senza generare conflitti o forme di discriminazione, è una delle sfide che la nostra società è chiamata ad affrontare.

Il problema è acuito dall'immigrazione in Europa occidentale di un largo numero di musulmani, che ha conferito alla macellazione rituale un rilievo quantitativo sconosciuto fino a pochi anni or sono. In alcuni paesi (per esempio la Francia) i mattatoi non sono in grado di far fronte alla domanda di macellazioni rituali in occasione di alcune festività musulmane: queste macellazioni vengono quindi compiute in maniera incontrollata, suscitando comprensibili reazioni.

Aldilà di questi aspetti giuridici, che pure hanno una grande importanza, è da segnalare la possibilità, fortunatamente rara, che, in gruppi religiosi fortemente deviati e guidati da leader squilibrati, le regole e i divieti estremi possano condurre a conseguenze drammatiche per la vita degli adepti. Un caso eclatante, di cui si sono occupati i media una decina di anni fa, è quello della cosiddetta “setta di Attleboro”.

Nell’ambito religioso è importante, per quanto possibile, prevenire e riconoscere in tempo quelle deviazioni settarie a causa delle quali pratiche come il digiuno o norme alimentari fondate su prescrizioni religiose, del tutto lecite e innocue, possano trasformarsi in azioni distruttive che, portate alle estreme conseguenze, arrivano addirittura a provocare la morte degli adepti, tra i quali purtroppo un gran numero di minori, vittime della “fede” dei loro stessi genitori.

Le culture si differenziano in diversi modi, dal credo religioso, dall'abbigliamento per cause climatiche o religiose, dal culto dei morti, dalla cura del corpo e anche dall'alimentazione. Alimentazione che viene condizionata sempre dalla locazione fisica, se in climi freddi oppure caldi o dove è possibile o non possibile coltivare la terra in un certo modo, ma la cucina, il cibarsi di alcune cose piuttosto che altre deriva anche dai vincoli religiosi. Ogni religione o pensiero religioso, fornisce una indicazione di come ci si deve alimentare e queste regole hanno diverse motivazioni, igieniche o di tutela degli ecosistemi.

Tra gli elementi culturali che influenzano il modo di alimentarsi c’è anche la religione. Solo per fare un esempio, nel Medioevo l’atto del mangiare era impregnato di contenuti religiosi: i cristiani, quando bevevano, lo facevano assumendo cinque sorsi, uno per ogni piaga di Gesù, ogni boccone era diviso in quattro parti di cui tre per la S.S. Trinità e uno per Maria, la Madre di Gesù, ecc. (Cfr. L’Ombra di Argo di Antonio d’Itollo).

In tutte le religioni il cibo non è solo un elemento naturale e materiale ma è considerato un dono di Dio o degli Dei, e l’atto di alimentarsi diventa, per questo motivo, un atto sacro, anche di ringraziamento all’Entità superiore che l’ha donato all’uomo per assicurarne la sopravvivenza. Come atto sacro l’assunzione di cibo deve anche rispondere all’esigenza spirituale di moderazione e virtù propria di ciascuna religione.

I divieti alimentari e le regole per consumare certi prodotti o uccidere gli animali nascono da questa prospettiva di purificazione e redenzione, strettamente legati al concetto di tabù, utile sia per creare nei credenti una forte identità di gruppo sia per evitare di contaminarsi con i non-credenti, i non-eletti.

Per quanto riguarda la religione ebraica, per esempio, nel libro del Levitico (Antico Testamento) c’è una lunga disamina dei cibi vietati perché ”empi”. Nel sito della Scuola Ebraica di Torino vengono indicati i cibi permessi (kashèr) e il modo di prepararli, seguendo gli insegnamenti della Torah (Legge). Secondo l’ebraismo queste norme, che limitano la libertà dell'uomo nella scelta fra animali puri (kashèr) e impuri (tarèf) sono importanti perché ricordano che il Signore è il padrone dell'universo e che bisogna avere pietà anche verso gli animali. Solo per fare qualche esempio di norme: vengono considerati animali puri i quadrupedi ruminanti, con l'unghia spaccata (bovini, ovini, caprini) e sono kashèr anche molti gallinacei, oche, anatre. Sono proibiti i volatili rapaci e notturni. Un'altra norma importante è quella di non cibarsi del sangue degli animali, in quanto esso è il simbolo della vita. Ecco perché, per prima cosa, l'animale deve essere ucciso con un sistema speciale (shechità) atto non solo a non farlo soffrire, ma anche a eliminare più sangue possibile. Vietato è anche cibarsi di carne e latte (o latticini) insieme. Dopo la carne, devono passare almeno sei ore prima di mangiare dei latticini; dopo i latticini prima di mangiare la carne bisogna lavarsi bene la bocca. Bisogna avere recipienti e stoviglie separate per cibi di carne e di latte.



Nel mondo islamico esistono Centri di Certificazione di Qualità Halal, che hanno il compito di garantire l’osservanza delle norme alimentari. Halal è una parola araba che significa "lecito" e, in Occidente, si riferisce principalmente al cibo preparato in modo accettabile per la legge islamica. Questa parola include tutto ciò che è permesso secondo l'Islam, la condotta e le norme in materia di alimentazione, in contrasto a ciò che è haram, “proibito”. Secondo coloro che aderiscono a questa visione, perché il cibo possa essere considerato halal non deve essere una sostanza proibita e la carne deve essere stata macellata secondo le linee guida tradizionali indicate nella Sunna (gli animali devono essere coscienti al momento dell'uccisione che deve essere procurata recidendo la trachea e l'esofago e sopravvenire per il dissanguamento completo dell'animale).

Nella religione cristiana, a differenza di quella ebraica e islamica, non esistono regole o tabù alimentari se non quelli legati alla moderazione e a evitare gli eccessi e i peccati di gola. Questo perché l’insegnamento di Gesù Cristo, per quanto riguarda i divieti alimentari, si discosta da quello ebraico: ”Non è ciò che entra nella bocca che contamina l'uomo; ma è quel che esce dalla bocca che contamina l'uomo. Non capite che tutto ciò che entra nella bocca se ne va nel ventre, e viene espulso nella fogna? Ma le cose che escono dalla bocca procedono dal cuore; sono esse che contaminano l'uomo. Poiché dal cuore provengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazione, furti, false testimonianze, maldicenze. Queste sono le cose che contaminano l'uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l'uomo” (Mt 15,11; Mt 15,17-20).

Nella Chiesa cattolica fa eccezione a questa regola generale il divieto di consumare carne nel venerdì santo insieme all’obbligo del digiuno in alcune circostanze particolari come il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. Nel medioevo, e in qualche misura ancora oggi, tra i cristiani, la passione per il cibo (gola) rappresenta uno dei sette vizi capitali, perché può essere occasione di cedimento al piacere. Per i monaci, per esempio, se la gola era di ostacolo alla salvezza il digiuno era la regola per rinforzare la virtù e redimersi. Un valore, questo, ancora in uso in alcune forme di ascetismo cristiano. Tuttavia, è importante notare che, nella religione cristiana, l’evento culmine della salvezza, cioè l’istituzione dell’Eucarestia, si svolge intorno al tavolo dell’ultima cena, durante la celebrazione della Pasqua ebraica, mentre gli apostoli e Gesù mangiano l’agnello, il pane azzimo, le erbe amare e bevono il vino rosso: un evento che i cattolici ricordano e rivivono ogni giorno nella Santa Messa.

Nel buddhismo è raccomandata l’astinenza dalle carni per rispetto alla vita degli animali. Anche se non direttamente prescritta, comunque, l'astensione dalla carne è considerata nel buddhismo come un valore finalizzato a salvare la vita a un essere senziente: è chiaro, infatti, che, se una persona si astiene dal mangiar carne per tutta una vita, un certo numero di animali non verranno uccisi per lei. Una frase del XIV Dalai Lama sintetizza efficacemente questo principio: "Gli animali uccidono solo quando hanno fame, e questo è un atteggiamento assai diverso da quello degli uomini, che sopprimono milioni di animali solo in nome del profitto".





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