venerdì 1 gennaio 2016

IL FICO




Il fico è una pianta xerofila, dunque adattata in ambienti aridi dal clima caldo e siccitoso, ed è perciò tipica delle zone subtropicali e temperate. Il fico sembra essere nativo dell'Asia Minore, precisamente di una zona detta Caria: non a caso, il binomio botanico riferito al frutto, Ficus carica, fa riferimento proprio alla regione d'origine della pianta.

Solo dopo la scoperta dell'America il fico si diffuse in quel continente, in seguito in Sud Africa, per i contatti con l'Oriente si diffuse in Cina ed in Giappone; infine giunse in Australia.

È un albero dal tronco corto e ramoso che può raggiungere altezze di 6-10 m; la corteccia è finemente rugosa e di colore grigio-cenerino; la linfa è di un bianco latte; i rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame verdi, o brunastre.
Le foglie sono grandi, scabre, oblunghe, grossolanamente lobate a 3-5 lobi, di colore verde scuro sulla parte superiore, più chiare ed ugualmente scabre sulla parte inferiore.

Quello che comunemente viene ritenuto il frutto del fico è in realtà una grossa infruttescenza carnosa, piriforme, ricca di zuccheri a maturità, detta siconio di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, cava, all'interno della quale sono racchiusi i fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l'entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all'interno dell'infiorescenza, (che diventa perciò una infruttescenza) sono numerosissimi piccoli acheni. La polpa che circonda i piccoli acheni è succulenta e dolce, e costituisce la parte commestibile.

La specie ha due forme botaniche che semplicisticamente possono essere definite come piante maschio e piante femmina, dato che la prima (pianta maschio, o caprifico) costituisce l'individuo che produce il polline con frutti non commestibili, mentre la seconda o fico vero (pianta femmina che produce frutti commestibili) produce i semi contenuti nei frutti.

La distinzione botanica è molto più complessa, dato che in realtà il caprifico ha nel frutto parti complete sia per la parte femminile (ovari adatti a ricevere il polline) che per la parte maschile (che produce polline); la parte femminile è però modificata da una microscopica vespa (Blastophaga psenes) che vive negli ovari (modificati in galle) e quindi per questo la parte femminile è sterile. La pianta di caprifico, a causa appunto della vespa, svolge quindi esclusivamente (o quasi) una funzione maschile (producendo polline e facendolo trasportare dalla vespa che alleva). Solo le femmine della vespa sciamano fuori dal frutto. Il frutto del caprifico non è commestibile (non è succulento e neppure dolce).

Il fico vero o fico commestibile riceve invece il polline e quindi matura i semi che sono botanicamente acheni, ovvero quei piccoli granellini che si trovano all'interno del frutto.

Inoltre l'uomo ha selezionato una grande varietà di fichi commestibili a possibile maturazione "partenocarpica", che avviene perciò anche se non è avvenuta la fecondazione, (in tal caso i granellini dei semi sono vuoti). La maggior parte dei fichi coltivati dall'uomo sono di questo tipo, o meglio sono detti permanenti dato che permangono sulla pianta anche se non sono fecondati, questo per distinguerli dai caduchi che in assenza di fecondazione cadono al suolo immaturi. La condizione del fico vero di essere "possibilmente" partenocarpico non esclude però comunque la fecondazione che rimane sempre possibile in presenza della vespa. Nei fatti con un minimo di attenzione si può notare, all'interno della stessa fruttificazione di fichi partenocarpici, differenze sostanziali di forma, colore, struttura interna, e soprattutto presenza di semi pieni all'interno dei frutti che possono segnalare una possibile avvenuta fecondazione. Anche se gli alberi di caprifico non sono nei pressi, questi sono spesso in terreni incolti ed abbandonati, e la microscopica vespa può giungere, aiutata dal vento, anche da diversi chilometri di distanza.

La condizione di fico partenocarpico è comunque importante, dato che permette di avere frutti anche dove la vespa non esiste (la vespa infatti non sopravvive a temperature invernali inferiori ai -9 °C), la pianta di fico in ambiente caldo, secco e con buona lignificazione della vegetazione in estate può invece sopravvivere agevolmente a temperature di -17, -18 °C in inverno, in tal caso si estende notevolmente la possibilità di coltivazione del fico da frutto in climi invernali più freddi.

Alcune tra le varietà più pregiate di fico sono caduche, cioè devono essere obbligatoriamente fecondate, (come la varietà turca Smirne), e sono coltivate solo dove la presenza del ciclo vitale della Blastophaga è assicurato in maniera perfetta; per contro la fecondazione di alcune varietà partenocarpiche (sempre possibile) può non essere desiderata, dato che i frutti prodotti in tal caso (con buccia spessa ed a polpa più asciutta) possono essere meno graditi in caso di particolari utilizzi, come ad esempio per la essiccazione.

L'insetto impollinatore è la Blastophaga psenes: le femmine gravide sciamano dal "frutto" del caprifico per deporre le proprie uova in ovari di altri frutti di fico. L'azione avviene indiscriminatamente in tutti i frutti, sia di caprifico che di fico vero, ma mentre nel caprifico gli ovari hanno stilo corto (brevistili) e quindi sono in superficie, ben accessibili per la deposizione delle uova, nel fico vero gli stili lunghissimi rendono da un lato inaccessibili (profondi) gli ovari alla vespa, mentre espongono gli stigmi sui quali la vespa, finisce per deporre il polline che reca sul proprio corpo, prelevato dagli stami presso l'ostiolo del caprifico.

L'azione nei confronti dei caprifichi permette quindi solo alla vespa la perpetuazione della propria specie, quella nei confronti dei fichi veri permette solo la riproduzione (produzione dei semi) della pianta del fico.

Il binomio insetto-fico (intendendosi precisamente Blastophaga-Ficus carica) è una simbiosi mutualmente obbligata, cioè è specie-specifica: da un lato l'insetto sopravvive solo ed esclusivamente nei frutti del caprifico, e dall'altro la pianta di fico non ha alcuna possibilità di far semi senza l'insetto.

Il termine "vespa" o "insetto impollinatore" non deve ingannare dato che l'animale in argomento, pur appartenendo biologicamete a tali categorie, non punge ed ha dimensioni veramente esigue (ha infatti una lunghezza di circa due millimetri, è della dimensione di un moscerino).

Al di fuori della specie Ficus carica occorre precisare che ogni specie di Ficus ha la propria specie di insetto con cui ha costituito un analogo sistema di simbiosi obbligata o quasi obbligata, dato che la condizione che una specie di insetto fecondi due specie di Ficus è piuttosto rara. Tra le eccezioni è proprio il Ficus carica, che condivide l'impollinatore con il Ficus palmata.

L'areale del Ficus carica, è contiguo a quello del Ficus palmata, più meridionale; le due specie sono botanicamente vicine (ma non uguali), e probabilmente sono state separate geograficamente in tempi relativamente recenti, da una delle ultime glaciazioni, (40 000-100 000 anni fa). I due areali hanno la maggiore vicinanza, o sovrapposizioni, in Egitto, Giordania, Iran, Pakistan, dove è possibile che si siano prodotti degli ibridi naturali.

Nel fico a frutti commestibili, abbiamo tre tipi di siconi, che danno, annualmente, distinte fruttificazioni:

fioroni, o fichi fioroni che si formano da gemme dell'autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all'inizio dell'estate
fichi, o forniti, o pedagnuoli che si formano da gemme in primavera e maturano alla fine dell'estate dello stesso anno
cimaruoli prodotti da gemme di sommità prodotte nell'estate e maturano nel tardo autunno (la produzione di cimaruoli è limitata a regioni dove l'estate è molto lunga ed il clima particolarmente caldo, spesso è incompleta o insoddisfacente).
Esistono varietà che producono solo fioroni (e spesso anche la varietà è nominata, per estensione, come "fiorone"), altre che producono solo forniti, altre che producono entrambe, (di norma con una delle due fruttificazioni di maggior rilievo come qualità o quantità ed una seconda di rilievo minore). Le varietà con tripla fruttificazione sono pochissime, e la terza fruttificazione è di norma irrilevante.

Per ovvi motivi di clima, insolazione, ecc. di norma i "forniti" hanno con maggiore facilità le caratteristiche di eccellente succosità e dolcezza; i fioroni per contro hanno il pregio di essere di precoce maturazione.

Il caprifico sviluppa tre tipi di siconi:

mamme o cratiri contengono solo fiori femminili brevistili, si formano in autunno e maturano a fine primavera
profichi con fiori maschili e femminili, si formano, sullo stesso ramo delle mamme, in primavera e maturano in estate
mammoni con fiori maschili e femminili longistili, si sviluppano in estate e maturano in autunno
I frutti del caprifico sono coriacei, non dolci, non succulenti e pur se non tossici, sono praticamente immangiabili.

Nel caprifico l'impollinazione avviene mediante l'insetto pronubo Blastophaga psenes (Hymenoptera, Agaonidae) secondo il seguente schema:

in autunno l'insetto depone le proprie uova nelle mamme all'interno dell'ovario dei fiori, dove di schiudono; la schiusa delle uova induce la trasformazione degli ovari in galle, e le larve dell'insetto svernano all'interno delle loro galle.
in aprile si sviluppano gli insetti adulti dalle galle ed i maschi fecondano le femmine, spesso ancora all'interno delle galle. Fatto ciò i maschi muoiono.
le femmine fecondate escono quindi all'esterno, attraverso l'ostiolo del siconio, ed entrano nei profichi per la deposizione delle uova.
entrando nei profichi le femmine perdono le ali, indi depositano le uova negli ovari dei fiori femminili e muoiono
in circa 2 mesi i siconi dei profichi ingrossano, la nuova generazione di insetti adulti esce e gli insetti si caricano di polline dai fiori maschili con le antere mature, posti vicino all'ostiolo.
entrano quindi in frutti di caprifico (mammoni) dove depositano le uova, ma anche nei forniti dei fichi commestibili, dove effettuano l'impollinazione dei fiori, nei mammoni sia ha una nuova generazione, dalla sciamatura autunnale dai "mammoni" le femmine depongono le uova nelle "mamme".
L'impollinazione del fico domestico (per le cultivar che la utilizzano) avviene sempre mediante Blastophaga psenes.

Se interessa la produzione di fichi fecondati l'uomo può favorirne l'impollinazione appendendo dei siconi di caprifico (pieni di vespe) sul fico comune.

Tale pratica è detta Caprificazione; si agevola perciò la funzione del Caprifico, (fico capro, cioè fecondatore). Le femmine di vespa escono, cariche di polline, dai siconi della fioritura primaverile del caprifico e tentano di penetrare attraverso l'ostiolo dei fichi eduli, abbandonando così sugli stigmi degli stili dei fiori i granelli di polline, ma la lunghezza eccessiva dello stilo impedisce loro di portare a termine l'ovodeposizione.

La produzione dei semi, pur accelerando la maturazione e aumentando la dimensione dei siconi eduli, comporta, nelle specie partenocarpiche una colorazione rossastra della polpa con un aumento del numero e della consistenza degli acheni (ad esempio, la varietà "Dottato"); per questo motivo per alcuni usi industriali è preferito l'utilizzo di frutti non fecondati; in altri casi sono preferiti invece i frutti fecondati (esempio la varietà "Smirne") nella produzione di fichi secchi, dato che i frutti essiccati di tale varietà conservano morbidezza ed il colore chiaro, ed hanno un gradevole sapore di noce-nocciola, dato dalla polpa dei piccoli semi che sono frantumati quando si mastica il frutto.

La coltivazione del fico si è sviluppata in diverse zone del pianeta, ma naturalmente in maniera significativa solo nei distretti climatici analoghi all'ambiente mediterraneo, caldo ed arido. Nel bacino del Mediterraneo oltre all'Italia abbiamo importanti coltivazioni in Turchia, Grecia, Algeria, Spagna, Libia, Marocco, Egitto, Palestina, Francia; altri paesi di notevole importanza produttiva sono: Portogallo, Siria, Russia, Arabia, India, Giappone, California, Argentina, Australia e molti altri.

Il Ficus carica gradisce climi caldi non umidi, si adatta a qualunque tipo di terreno purché sciolto e ben drenato, non tollera a lungo temperature inferiori ai -10, -12 °C, è peraltro da considerare che la resistenza al freddo è fortemente condizionata dalla maturazione del legno, cioè dalla trasformazione dei rami succulenti ed erbacei in legno compatto, disidratato e soprattutto ricco di resine ed amidi che sono eccellenti antigelo, (naturalmente tali accumuli, che possono essere determinanti per la resistenza al freddo, si hanno con estese insolazioni estive), enormi differenze si verificano con piante giovani, succulente ed in intensa crescita dovuta ad eccesso di umidità nel suolo, o per eccesso di concimazione, dove danni gravi si possono avere anche a -5°, -8 °C, e piante adulte in siti poveri di acqua e soleggiati, dove queste ultime hanno mostrato resistenze senza gravi problemi a temperature di -17, -18 °C, ma, in casi particolari di ottimale maturazione del legno e suolo ben disidratato, con microclima locale particolarmente favorevole, e per particolari varietà, anche a temperature inferiori.

Nelle regioni mediterranee non è raro incontrare piante di fico sorte su vecchi muri o nelle pareti dei pozzi.

È da notare che la coltivazione di specie necessitanti la fecondazione da Blastophaga psenes sono limitate dalla temperatura di sopravvivenza della stessa, che è di circa -9 °C, in assenza di fecondazione i frutti acerbi cadono, sono appunto detti "caduchi". In ambienti dove sia assente l'agente fecondatore è praticata la coltivazione delle sole varietà che hanno la caratteristica di maturare i frutti anche se non sono fecondati (detti permanenti o partenocarpici); pressoché la totalità delle varietà coltivate in Italia sono a frutti partenocarpici.



Per quanto riguarda il caldo a +45, +46 °C, o con aridità estrema, la pianta arresta i processi vegetativi e subisce la caduta delle foglie. Le notti calde favoriscono la produzione dei frutti mentre il ristagno di acqua la pregiudica. Dotato di un apparato radicale potente resiste bene alla siccità e ai terreni salsi e incolti, in particolare come apparato radicale di una pianta da clima semidesertico, è particolarmente efficace nella ricerca dell'acqua; le radici sono molto invasive, in un giardino possono penetrare in cisterne, condotti o scantinati. È una delle poche piante da frutta che resista senza problemi ai venti salini in tutte le fasi vegetative, condizione che l'accomuna al solo Fico d'India, (Opunthia ficus-indica), nessun altro fruttifero principale dell'ambiente italiano ha tale condizione.

Per quanto concerne la potatura, o anche il superamento della stagione invernale, la rimozione delle parti sommitali dei rami, (o il loro danneggiamento da parte del gelo), mentre può non influenzare la sopravvivenza della pianta, elimina o danneggia le gemme mature che produrrebbero i fioroni la successiva estate, e quindi ne compromette la fruttificazione. La conservazione in vita della parte basale permette l'invecchiamento del legno, fatto che rende la pianta più resistente al gelo.
Lla condizione migliore per evitare i danni da freddo per una pianta di fico (in condizione estreme per il freddo) è quella (ovvia) di porla in ambiente il più possibile soleggiato, secco, e meno esposto al freddo in modo naturale; il costituire ripari artificiali (teli, coperture, ecc) ha effetto discreto ma limitato, ed a volte controproducente, con protezione eccessiva in determinate condizioni si induce un parziale risveglio vegetativo che rende la pianta in effetti più vulnerabile.

Si concima con sovescio di leguminose, o con concime organico, e con buon apporto di potassio e fosfati; l'eccesso di concimazione è in genere molto negativa, soprattutto in caso d'eccesso di concimazione azotata che privilegia eccessivamente il rigoglio della vegetazione, a scapito della fruttificazione.

La riproduzione per semina è molto agevole, ma è complicata per il fatto che occorre prelevare semi da frutti sicuramente fecondati, (cosa comune ad ogni modo nei paesi caldi), ma è anche complicata per i risultati ottenibili, dato che, in via di massima, si hanno 50% di probabilità di avere alberi caprifichi e 50% fichi commestibili; la situazione è complicata ancora dalla presenza di altre caratteristiche indipendenti, come quella della caducità dei frutti non fecondati, ovvero della partenocarpia, (maturazione anche senza fecondazione). Fatto determinante è che al di fuori di tutto il resto la riproduzione per seme semplicemente non assicura la qualità e le caratteristiche dei frutti nella nuova varietà prodotta. Ad ogni modo la riproduzione per seme è la unica via ovvia per ottenere nuove varietà.

Avendo a disposizione sia alberi di Caprifico che di Fico è possibile praticare una sorta di fecondazione assistita (caprificazione), ponendo i frutti del caprifico, in imminenza della sciamatura degli insetti, presso il fico femmina. La procedura, fondamentalmente semplice, è ovviamente condizionata però dalla conoscenza della complessa fisiologia di fioritura dei siconi.

La moltiplicazione è possibile per talea di ramo maturo (invernale), prelevando gli apici lignificati dei rami, (di gran lunga è la più usata), per talee legnose a Luglio, per innesto (meno usato) a pezza, corona e gemma; in natura il fico tende naturalmente a moltiplicarsi per polloni basali e per propaggine cioè per radicazione dai rami appoggiati al suolo ed in contatto col terriccio, soprattutto se umido. Il prelievo dei polloni basali è una ulteriore maniera di moltiplicazione, che però non assicura la qualità della fruttificazione se l'albero è innestato. La potatura si limita ad interventi invernali di eliminazione di rami mal disposti o danneggiati.

Le Regioni italiane a maggior vocazione produttiva sono Puglia, Campania e Calabria, una produzione significativa proviene anche dall'Abruzzo, Sicilia e Lazio; la Puglia fornisce anche la maggior produzione di fichi secchi. La produttività del fico dipende dai fattori climatici, dall'umidità e dal suolo dove viene coltivato, orientativamente si può stimare che in terreni sciolti, profondi e freschi si possa arrivare a produzioni di 4-5 q per albero, mentre in terreni rocciosi marginali solo a pochi chilogrammi per albero. La produzione comincia dal quinto anno di vita della pianta (nata da seme) ed aumenta progressivamente fino al sessantesimo anno di età, quando decresce repentinamente e la pianta muore per necrosi del tessuto legnoso; in tali condizioni la produzione di polloni basali può rendere possibile una ripresa della vegetazione.

La produzione di fichi freschi è in costante decrescita, fatto dovuto all'affermazione dei sistemi di grande distribuzione alimentare che mal tollerano un frutto delicato alla raccolta, e di difficile conservazione come il fico. La coltivazione è invece in aumento in orti domestici, dove anche con scarse cure da applicare all'albero si hanno comunque disponibilità di frutti eccellenti per l'immediato consumo.

L'essiccazione dei fichi rappresenta un'ottima tecnica di conservazione dell'alimento: questa usanza è per lo più diffusa nel sud Italia, dove il clima caldo ne favorisce l'essiccazione omogenea. Il fico dev'essere raccolto a piena maturazione e, successivamente, fatto essiccare al sole con l'ausilio di trattamenti fisici o chimici.
Dopo la raccolta, i frutti maturi sono sottoposti ad una sbiancatura, effettuata con vapori di zolfo (processo dalla durata di circa 20 minuti). Dopodiché, i fichi vengono esposti al sole, selezionando successivamente quelli qualitativamente superiori, e scartando i frutti più piccoli o macchiati. È importante rivoltare quotidianamente i fichi: in questo modo, l'essiccazione risulterà pressoché omogenea. Quando i fichi hanno raggiunto il giusto grado di essiccazione (acqua: 30-35%), subiscono una disinfezione in autoclave sottovuoto per pochi minuti.

I fichi sono frutti altamente energetici: forniscono, infatti, 47 Kcal per 100 grammi di prodotto. L'acqua ne costituisce l'82% in peso. Nel fico si annovera un cospicuo contenuto di carboidrati (11%), circa il 2% di fibre, l'1% di proteine e pochissimi grassi (0,2%). I fichi sono un concentrato di sali minerali, in particolare potassio, magnesio e ferro, ma anche le vitamine antiossidanti rivestono un ruolo importante.

Il fico non è solamente un frutto squisito e succulento: il suo impiego è sfruttato anche in ambito fitoterapico per le molteplici virtù terapeutiche.
In questi ultimi anni, il valore nutritivo dei fichi è stato esaltato per la ricerca delle sostanze chimiche in essi contenute:
Proprietà emollienti ed espettoranti dei frutti del fico;
Proprietà rimineralizzanti;
Proprietà bechiche (allevia la tosse persistente) ed emmenagoghe (foglie e frutti);
Proprietà lassative (fibre): a differenza dei fichi d'india (proprietà astringenti), ricchi di tannini;
Virtù disinfettanti/antinfiammatorie della bocca e del cavo orale in generale (decotto di latice);
Proprietà cheratolitiche del lattice: l'applicazione di lattice direttamente nella puntura d'insetto attenua il dolore in situ;
Proprietà caustiche: il lattice sgorgante dai tagli è ricco di proteasi ed amilasi: a tal proposito, risulta un buon rimedio naturale per eliminare le verruche. Ad ogni modo, il lattice del fico dev'essere comunque utilizzato con cautela, per evitare di subire pesanti irritazioni della pelle;
Virtù antinfiammatorie, digestive, emmenagoghe attribuite per lo più alle foglie contenenti cumarine, furocumarine (possono creare episodi di fotosensibilizzazione), bergaptene e psoralene.  In alcuni soggetti sensibili, il semplice contatto con le foglie può generare fenomeni di irritabilità della pelle, enfatizzati dall'esposizione al sole. È pertanto consigliato il tempestivo risciacquo con acqua fresca in seguito al contatto con le foglie di fico, oltre all'immediato allontanamento dalle fonti solari per alcune ore;
Proprietà caglianti: in passato, il lattice del fico veniva impiegato per cagliare il latte;
Potenziali proprietà abbronzanti: la diffusa usanza di applicate lattice di fico sulla pelle per facilitare l'abbronzatura dev'essere rivalutata. È stato osservato che l'applicazione di lattice di fico sulla cute prima di un'esposizione solare è pericolosa per la pelle, nonché irritante: infatti, questa pratica va screditata perché responsabile di ustioni e lesioni cutanee talvolta gravi;
Proprietà anitisecretive gastriche (macerato di gemme di fico).

Oltre a consumare i frutti freschi o essiccati, il lattice di foglie e rametti di fico sono stati usati in passato per far cagliare il latte, nella produzione di formaggi artigianali.È importante aspettare che i fichi siano maturi prima di raccoglierli. Diversamente da altri frutti, i fichi continuano a maturare una volta raccolti dall’albero, sono infatti frutti climaterici. Controllate il colore dei fichi durante la stagione della crescita, sebbene il colore dei fichi varia in base al tipo, riconoscerete presto il colore che il fico assume una volta maturo. Raccogliete il fico dall’albero lasciando il gambo attaccato al fico per ritardare il deperimento. Mangiate o utilizzate i fichi il prima possibile. Essendo un albero dai rami contorti, flessibili e fragili bisogna salire con un'apposita scala per non poggiare il peso direttamente sulla sua struttura. Come scegliere Quando si comprano fichi freschi devono presentarsi abbastanza morbidi e gonfi con un picciolo ben sodo. Non scegliere fichi se si presentano al tatto troppo molli o con un odore leggermente acido. I fichi freschi si trovano da giugno a ottobre a seconda della varietà; quelli secchi tutto l'anno.Sono frutti molto delicati e pertanto vanno maneggiati con attenzione. Possono essere conservati in frigorifero per un paio di giorni ma in contenitori ben chiusi per evitare che assorbano gli odori di altri cibi. Il fico può essere congelato, ma deve essere consumato, al massimo, nel giro di 30 giorni. I fichi secchi, invece, devono essere conservati in luogo fresco e asciutto, evitare, data la presenza di zucchero, di lasciarli in un posto in cui possano venire a contatto con insetti, e consumati entro la data di scadenza indicata sulla confezione. Il fico, generalmente viene consumato al naturale. Ottimo aggiunto alle macedonie e ai dolci ma gustoso anche per accompagnare preparazioni salate o negli gli antipasti abbinato soprattutto con il prosciutto o il salame o formaggi, o per accompagnare carni, coniglio e selvaggina. Inoltre, il fico, viene usato per la preparazione di confetture e composte un esempio è il fico affogato nel porto o nel whisky. Il fico secco invece lo potete consumare così com’è, oppure farcito con noci, mandorle, arancia e ricoperto con del buon cioccolato.  Il fico secco invece può iniziare la sua essiccazione già sull’albero, in buone condizioni di sole, per poi continuare per circa un settimana. Una volta completata l’essiccazione naturale di norma si passano in una stufa per completare l’essiccazione. A volte, invece, i fichi si passano prima nelle stufe e poi si procede con l’essiccazione naturale al sole per avere un prodotto dal colore più chiaro. I fichi secchi possono essere essiccati naturalmente al sole, artificialmente in essiccatoi, o addirittura infornati: le varietà più pregiate per questa lavorazione sono Brogiotto Bianco, Brogiotto Nero, Dottato e S. Pietro, tutti con buccia fine e polpa carnosa, originari del Centro Sud. Tendenzialmente la buccia non andrebbe mangiata in quanto non potendo essere lavata per non sciupare la polpa potrebbe non essere pulita soprattutto se il frutto non proviene da una pianta che conosciamo e che sappiamo come è stata trattata, altrimenti potrebbe contenere antiparassitari. Di certo è da evitare di mangiare il latte che fuoriesce dal picciolo.  È sempre bene aprire il fico in due prima di mangiarlo, perchè la sua polpa succosa e dolce potrebbe aver invitato qualche ospite indesiderato.





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