giovedì 1 ottobre 2015

GLI SPAGHETTI




Joe Bastianich ha scelto gli spaghetti al pomodoro per rappresentare la sua visione di Expo 2015. AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta) sostiene questa candidatura: “Gli spaghetti al pomodoro sono anche per noi il piatto simbolo di un’alimentazione sana ed equilibrata che trova nei carboidrati complessi la scelta vincente in chiave di gusto e salute. E’ anche la ricetta di pasta più amata dagli italiani”. Dati Doxa/AIDEPI, il 67% dei nostri connazionali preferisce gli spaghetti a qualsiasi altra tipologia di pasta e il sugo di pomodoro, con il 28% delle preferenze, “batte” ogni altro condimento. Omaggio alla ricetta di pasta più amata e imitata al mondo. Tra rivisitazioni dei grandi chef, storia, letteratura e stereotipi duri a morire…

Joe Bastianich, che ha scelto gli spaghetti al pomodoro come ricetta per rappresentare il suo modo di vedere l’Expo di Milano, ha spiegato la scelta alla sua maniera: “E’ la ricetta più semplice, bella e buona, come me". Nel suo giudizio sugli spaghetti al pomodoro, scopriamo però che il giudice di Masterchef è in buona compagnia. Gli spaghetti hanno successo anche in Usa, dove 8 americani su 10 mangiano pasta una volta a settimana e per il 40% di loro gli spaghetti sono il formato senza rivali… tanto che anche per la festa di San Patrizio fanno furore sul web ricette in versione green, come gli spaghetti all’avocado rilanciati su Foodsta.com, uno dei blog più seguiti negli States.
Stessa musica anche nel Bel Paese: per gli italiani sono gli spaghetti il formato preferito. E la salsa al pomodoro il condimento più amato. Candidando quindi questo piatto, dall’alto dei nostri consumi (siamo leader mondiali con 26 kg pro capite), a ricetta più amata e consumata al mondo. Secondo una ricerca Doxa/AIDEPI, il 67% dei nostri connazionali preferisce gli spaghetti a qualsiasi altra tipologia di pasta, battendo, anche se solo di un’incollatura, la pasta corta (64% per fusilli, rigatoni penne), mentre lasagne, farfalle, tagliatelle e cannelloni (tutti con gradimenti compresi tra il 28% e il 35%), restano indietro di parecchie lunghezze. Tra i condimenti preferiti dagli italiani, vince proprio il sugo con il pomodoro (28%), davanti al ragù di carne (26%) e, lontanissimi, frutti di mare, carbonara e pesto alla genovese (tutti tra il 5% e il 7%).
Anche sul web lo spaghetto “batte” tutti i formati concorrenti: con 122 milioni di citazioni nella ricerca su google, solo le penne riescono a tenergli, in qualche modo (20 milioni di citazioni), testa, mentre tutti gli altri formati più noti (dai rigatoni alle tagliatelle, dalle fettuccine ai tonnarelli, dalle farfalle ai paccheri ai fusilli) insieme raggiungono appena i 18 milioni di ricorrenze.
“Condividiamo la scelta di Bastianich – afferma Riccardo Felicetti, Presidente del Gruppo Pasta di AIDEPI – e accettiamo anche noi di sostenere, come AIDEPI, gli spaghetti al pomodoro come piatto simbolo dell’EXPO, perché rappresenta alla perfezione un’alimentazione sana ed equilibrata che trova nei carboidrati complessi la scelta vincente in chiave di gusto e salute. Gli spaghetti al pomodoro sono probabilmente la ricetta simbolo della cucina italiana nel mondo, quella che più ci rappresenta. E noi siamo orgogliosi di avere contribuito a costruire questo mito del Made in Italy alimentare. Un piatto ‘perfetto’ proprio perché semplice, iconico perché immediato, evocativo nei suoi colori e nella sua genuinità. Expo è il momento ideale per riscoprire la tradizione e la modernità di questo piatto”.
Spaghetti o vermicelli (dunque) di grano duro, pomodoro San Marzano o pomodorino del Piennolo, olio extravergine di oliva e una foglia di basilico: si dice che il piatto di pasta più difficile per uno chef sia proprio questo, perché la semplicità della pasta è al contempo raffinatezza ed equilibrio.



È arduo definire gli spaghetti un’invenzione: si tratta, in effetti, del semplice "sfruttamento"  di una risorsa naturale, il frumento. Tale alimento è conosciuto da circa 10.000 anni ed è davvero da moltissimo tempo che l'uomo coltiva, raccoglie e frantuma frumento per ottenerne farina.

Questa, impastata con acqua e poi cotta o sulla pietra o in acqua bollente, creava una pietanza dal sapore gradevole e di facile impiego, che poteva essere condita a piacimento. Non è dunque corretto sostenere che fu Marco Polo a introdurre tale cibo in Italia nel 1295, al suo ritorno dalla Cina, in quanto l’Italia ne faceva già abbondante uso.

Meglio affermare che gli spaghetti, come i maccheroni, sono nati per sfamare il popolo dei paesi che coltivavano il frumento, ma che l’Italia è sicuramente il paese che li ha resi famosi e ne ha coltivato la tradizione e il consumo.

Un nuovo ritrovamento archeologico mette forse la parola fine alla querelle che da anni vede contrapposti italiani, cinesi e arabi: chi ha per primo inventato gli spaghetti?

La stampa internazionale, infatti, ha dato largo spazio a una scoperta effettuata nella cittadina di Laja, nei pressi del fiume Giallo, nella zona nord ovest della Cina: un team composto da archeologi dell'Istituto di Geologia e Geofisica dell'Accademia delle Scienze Cinese, insieme ai colleghi dell'Istituto di Archeologia ha infatti ritrovato un piatto di spaghetti che è risultato avere circa 4.000 anni.

A quanto risulta dai primi accertamenti, il pasto venne interrotto a causa di un terremoto o di qualche altro evento del genere e il piatto è stato ritrovato capovolto e ricoperto da tre metri circa di sedimenti. Foto e testimonianze dell'avvenimento sono state pubblicate in esclusiva dalla rivista scientifica Nature .

Gli esami effettuati dagli scienziati cinesi hanno confermato ciò che alcuni esperti già sostenevano da tempo: sono stati i cinesi e non gli italiani o gli arabi a inventare gli spaghetti per primi.

"L'argomento è da sempre presente nelle discussioni a cena tra italiani e cinesi – spiega Beniamino Natale, corrispondente da Pechino dell'agenzia di stampa italiana Ansa – ma se loro hanno sempre sostenuto di averli inventati, noi italiani abbiamo risposto che li abbiamo sempre cucinati meglio ".

Leggenda vuole che sia stato Marco Polo a raccontare in Italia dell'esistenza di questo tipo di pasta . " Qui in Cina, sempre bonariamente, oltre a sostenere di avere inventato tutto loro, e quindi naturalmente anche gli spaghetti, ci accusano perché proprio con Marco Polo avremmo sottratto i segreti di tale arte " prosegue Natale.

La storia degli spaghetti inizia oltre mille anni fa. Oggi, grazie ai documenti ritrovati e alle testimonianze in diversi scritti, anche gli esperti italiani riconoscono la paternità cinese dell'invenzione. "Questa scoperta non mi stupisce" rivela Paolo Petroni, consigliere nazionale dell'Accademia italiana della cucina e autore "Spaghetti amore mio" , (Edizioni Il Centauro – 2005). "Era già abbastanza noto che fossero stati loro i primi a creare gli spaghetti in tempo remotissimo, la datazione era incerta. Ma la vera disputa riguarda lo spaghetto essiccato, del quale non sappiamo quasi nulla ".

L'arte dell'essiccazione è la vera discriminante nella produzione degli spaghetti: deve avvenire dall'interno verso l'esterno, e non viceversa altrimenti la pasta marcisce. I primi documenti italiani in cui la pasta essiccata – e cioè a lunga conservazione, così come la conosciamo oggi – viene nominata, risalgono al 1100, molto prima del 1295, anno in cui Marco Polo scrisse il Milione. "Furono gli arabi a portare in Italia gli spaghetti – sostiene Petroni –; alcuni testi rivelano come in Sicilia, intorno all'anno 1000 , fossero già presenti e da lì esportati in tutto il Mediterraneo ".

Ma non si sa con certezza se il procedimento di essiccazione venne inventato dagli arabi o se lo impararono da qualcun altro . "Manca nella ricostruzione storica l'anello di congiunzione tra l'invenzione cinese della pasta fresca e l'inizio dell'uso dell'essiccazione " conferma il consigliere nazionale dell'Accademia italiana della cucina.

Come hanno accolto in Cina questa notizia? "Al momento, dalle nostre fonti ufficiali, non risulta alcuna notizia riguardante il ritrovamento di spaghetti atavici : non posso pertanto confermare la veridicità della notizia da parte cinese ", spiega Paolo Alberto Volpe di China Radio International .

Anche se in base agli ultimi ritrovamenti e ad alcuni documenti pare ormai certo che non furono gli italiani a inventare gli spaghetti, quello che è certo è che oggi questo prodotto viene associato immediatamente al "Bel Paese" in tutto il globo. "Questo – dice ancora Pieroni - è dovuto a un semplice fatto: solo in Italia c'erano le condizioni climatiche ideali affinché questo processo si verificasse al meglio. Una tradizione poi completamente persa negli anni negli altri Paesi". I primi pastifici della storia risalgono al 1794, a Savona, e nelle zone limitrofe, come Genova e Imperia . Solo negli anni successivi si diffusero anche a Napoli e nel resto del Paese.



La prima attestazione della pasta essiccata in Italia e dell'esistenza dell'industria della pasta si rintraccia nella descrizione della Sicilia tramandataci da Idrisi al tempo di Ruggero II. Nel Libro di Ruggero pubblicato nel 1154, Al-Idrisi, geografo di Ruggero II di Sicilia, descrive Trabia, un paese a 30 km da Palermo, come una zona con molti mulini, dove si fabbricava una pasta a forma di fili leggermente arrotondati, chiamata 'itrya' (dall'arabo itryah che significa "focaccia fine tagliata a strisce", queste ultime sono prodotte ancor oggi dalle massaie di Puglia e di Sicilia, e vengono chiamate con il termine dialettale trija), che veniva spedita con navi in abbondanti quantità per tutta l'area del Mediterraneo sia musulmano che cristiano, dando origine ad un commercio molto attivo, che dalla Sicilia si diffondeva soprattutto verso nord lungo la penisola italica e verso sud fino all'entroterra sahariano, dove era molto richiesto dai mercanti berberi.

Nell'opera del poeta e commediografo napoletano Antonio Viviani, “Li maccheroni di Napoli”, pubblicata nel 1824, compare invece per la prima volta il termine spaghetti (inteso come diminutivo-vezzeggiativo della parola ''spago''), e vi sono illustrate le varie fasi della lavorazione. Le fonti letterarie anteriori, invece, utilizzano per descrivere lo stesso alimento, in alternativa rispetto a "spaghetti", le parole ''vermicelli'', "maccheroni" o ''maccaroni''.

Per quanto riguarda il tipo di consumo, in origine gli spaghetti, come tutte le paste asciutte, erano perlopiù conditi di solo olio d'oliva, formaggio e pepe. Solo tra la fine del XVII sec. e gli inizi del XVIII si afferma l'uso di condire la pasta con il pomodoro. La prima testimonianza in tal senso è iconografica e si ritrova in un presepe napoletano databile agli inizi del settecento, conservato nella Reggia di Caserta, nel quale due contadini arrotolano attorno alla forchetta i primi spaghetti colorati di rosso. Bisognerà però attendere la metà del XVIII secolo per vedere pubblicata la prima ricetta in cui la pasta sia abbinata al pomodoro.Mentre nel 1839 Ippolito Cavalcanti pubblica la seconda edizione del suo celebre trattato "Cucina teorico pratica" che, riprendendo quella che doveva essere una abitudine diffusasi tra il popolo, ci riporta due distinte ricette in tal senso: ''I Vermicelli con lo pommodoro'' ed il Ragù napoletano.

Lo spessore indicato dal numero può variare leggermente da un produttore ad un altro; può variare anche l'aspetto a seconda del tipo di trafilatura usato, cioè la superficie può presentarsi liscia o rugosa, quest'ultima è ottenuta con trafile in bronzo. I capelli d'angelo sono probabilmente la variante più simile all'antico progenitore siciliano, ancora oggi chiamati tria in Sicilia ed in Puglia.

La scelta di una trafilatura rispetto ad un'altra dipendono dal tipo di condimento da abbinare.

In Italia vengono preparati secondo diverse e molteplici ricette tradizionali, spesso con salsa di pomodoro e spolverati con un formaggio (di solito duro e stagionato) grattugiato, il tutto accompagnato con foglie di basilico.

All'estero gli spaghetti sono serviti con numerose varianti, spesso dettate da semplice ricerca di originalità o da trasposizione di ricette per altri tipi di pasta; si possono così trovare, ad esempio, spaghetti al prosciutto, guarniti con ampie fettine di prosciutto e senz'altro condimento, oppure gli spaghetti bolognese (venduti anche in lattina nel Nord-Europa), inesistenti nella tradizione italiana, contenenti una sorta di ragù alla bolognese e gli spaghetti già cotti.

Esiste una vasta documentazione fotografica e letteraria che illustra come nei vicoli di Napoli e di altre città dell'Italia meridionale, ancora sino alla fine del XIX secolo, gli spaghetti venissero mangiati con le mani, nonostante la forchetta si fosse già ampiamente diffusa da secoli, ma ciò era in parte dovuto all'abitudine perpetratasi fin dal basso medioevo di consumare le paste e soprattutto gli spaghetti senza posate, costume acquisito nei tempi in cui queste ultime non esistevano. C'è da dire anche che le comuni forchette allora in uso, avevano solo tre rebbi ed inoltre erano piuttosto appuntite, il che le rendeva poco pratiche all'uso. Tutto ciò aveva anche un risvolto politico, rendendo di fatto improponibile la presentazione nei pranzi ufficiali, di quella che già all'epoca era considerata una specialità che nell'ex Regno Delle Due Sicilie, era più adatta al popolo che all'aristocrazia, la pasta. Fu quindi per volontà di Ferdinando II di Borbone e grazie all'ingegno del ciambellano di corte, Gennaro Spadaccini, che si risolse il problema. Lo Spadaccini introdusse un quarto rebbio e ridusse le dimensioni dei forchettoni allora in uso, risolvendo in tal modo il problema dei maccheroni a corte, che si diffusero anche sulle tavole della nobiltà. Ciononostante l'abitudine di mangiare la pasta con le mani perdurò ancora per parecchi decenni.

Gli spaghetti sono i memorabili comprimari di una gag della commedia Miseria e nobiltà (di Edoardo Scarpetta), interpretata anche per il cinema da Totò, nella quale a un certo punto finiscono nelle tasche del misero protagonista che, dovendoli nascondere, li mette al sicuro nella giacca.

Ugualmente, un piatto di spaghetti è protagonista in una celeberrima e comica sequenza del film Un americano a Roma, con un giovane Alberto Sordi in versione yankee alle prese però con un italianissimo piatto extra-large di spaghetti (molto) conditi al pomodoro:

« Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno, ahmm! »
(Nando Mericoni rivolto ad un piatto di pasta)
Proprio per essere tipici dell'Italia, gli spaghetti hanno legato il loro nome ad un genere cinematografico, lo spaghetti-western, ovvero film western prodotti e diretti da registi italiani, diventati celebri in tutto il mondo, citiamo, tra i molti che si sono cimentati in questo genere con alterne fortune, il più conosciuto di tutti, cioè Sergio Leone.

Lo spaghetto più lungo del mondo ha una lunghezza di 455 m ed è stato realizzato da Ranieri Borgnolo, il 10 settembre 2005 a Ober-Ramstadt (Germania). Il record è stato riconosciuto dal Guinness World Records ed è apparso nell'edizione 2008.






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