martedì 22 settembre 2015

Oggi Cosa Si Mangia? VELENO



In occasione della Giornata Mondiale della Salute, celebrata martedì 7 aprile, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha voluto mettere in luce i rischi legati alla sicurezza del cibo, richiedendo interventi trans-nazionali che affrontino il problema.

"La produzione del cibo è stata industrializzata, e commercio e distribuzione sono state globalizzate", ha spiegato Margaret Chan, direttore generale dell'OMS. "Questi cambiamenti introducono numerose nuove opportunità per il cibo di essere contaminato da batteri, virus, parassiti e composti chimici. Un problema locale di sicurezza del cibo può velocemente diventare un'emergenza internazionale. Indagare su un'epidemia di una malattia proveniente dal cibo è decisamente più complicato quando in una singola ci sono ingredienti da diversi paesi".

Come riportato dai medici dell'organizzazione, le possibili contaminazioni del cibo possono portare alla diffusione di oltre 200 patologie, che vanno dalla diarrea al cancro. Alcuni esempi di alimenti pericolosi possono essere i cibi di origine animale non sufficientemente cotti, frutta e verdura contaminata da feci, o crostacei che contengono biotossine marine.

Per provare a fornire un quadro della situazione, l'OMS ha rilasciato i primi dati di un'analisi globale delle malattie derivanti dalla contaminazione del cibo, con i risultati definitivi sono attesi per ottobre 2015. Un elemento preoccupante è costituito dalle infezioni enteriche causate da virus, batteri e protozoi che entrano nel corpo tramite cibo contaminato. Secondo i dati OMS, dal 2010 ci sono stati 582 milioni di casi di questo tipo, con 351.000 morti.



I principali responsabili sono agenti come la salmonella enterica (52.000 morti associate), l'Escherichia coli (37.000 decessi) ed il norovirus (35.000 morti). La zona più colpita dai decessi causati dal cibo contaminato è l'Africa, seguita dal sud-est asiatico. Oltre il 40% dei soggetti che hanno sviluppato una malattia enterica in questo modo sono bambini al di soto dei 5 anni.

Il problema, ad ogni modo, non riguarda solamente la salute, ma anche l'economia: è stato stimato che l'epidemia di Escherichia coli in Germania nel 2011 abbia causato perdite di 1,3 miliardi di dollari per agricoltori ed aziende, ed ulteriori 236 milioni di dollari in aiuti per 22 stati membri dell'Unione Europea.

"Spesso c'è bisogno di una crisi perché la consapevolezza collettiva della sicurezza del cibo venga scossa e si intraprendano azioni decise", commenta Kazuaki Miyagishima, direttore del Dipartimento per la sicurezza del cibo e la zoonosi dell'OMS. "L'impatto sulla salute pubblica e sull'economia può essere grande. È quindi necessaria una risposta sostenibile che garantisca che standard e controlli siano al loro posto, per proteggere dai rischi legati alla sicurezza del cibo".

Nei primi quattro mesi del 2015 nei Paesi dell'Unione Europea sono scattati "33 alert". Si rischia un anno record, con il pericoli di danni anche gravi per la salute dei cittadini
Il rischio più grande è di sottostimare i rischi. Un gioco di parole per dire che, nel mondo globalizzato, nessuno può sentirsi al sicuro limitandosi a comportamenti virtuosi. Perché le minacce, dal terrorismo alla scoperta di cibo contaminato, fino alle catastrofi naturali possono mandare gambe all'aria anche aziende che si sentivano al sicuro.

Del tema si è discusso in un convegno organizzato a Milano da Anra (Associazione Nazionale dei Risk Manager) e Agcs (Allianz Global Corporate & Specialty), dal titolo emblematico: "Hot topics: Crisis Management e Weather Risk... Nuovi rischi, nuovi scenari. Quali risposte?".



L'Europa si è dotata di un sistema di alert efficiente, che tuttavia non è fin qui risultato sufficiente. Dal 2009 al 2014 gli allarmi sono stati in media 87 all'anno e questo 2015 potrebbe toccare cifre record, se si considerano che solo tra gennaio e aprile si è attivati a quota 33. Lo spettro dei rischi è molto ampio: si va dalla scoperta di contaminati da ritirare dal commercio (basti pensare al caso della "mozzarella blu") ad automobili e prodotti di consumo da richiamare in fabbrica perché difettosi o pericolosi, dagli eventi climatici estremi agli atti di terrorismo (questi ultimi esplosi negli ultimi anni, tanto da interessare non solo Paesi tradizionalmente caldi come Afghanistan e Iraq, ma anche i Paesi occidentali). Al di là delle preoccupazioni per la salute dei cittadini, queste variabili chiamano in causa il comportamento delle aziende, che non sempre si sono dotate di sistemi di risk management, in grado di scattare prontamente per minimizzare l'impatto sui conti delle società.

Christof Bentele, responsabile global crisis management di Agcs, ha citato l'esempio dell'automotive, un'industria nella quale sono frequenti i richiami di modelli per il malfunzionamento emerso solo dopo che gli stessi erano già in commercio. Inoltre, molti settori dell'economia, come energia, dettaglio, alimentazione, turismo, costruzioni e trasporti sono sensibili ai mutamenti del clima quanto o persino più di quanto non lo siano ai tassi di interesse o alle fluttuazioni dei cambi. Si stima che il 70% delle aziende siano esposte a "seri rischi meteorologici", un dato sinora sottovalutato. Per esempio il costo di ritardi dovuti al meteo per le imprese di autotrasporti negli Usa ammonta a 3,5 miliardi di dollari all'anno. Mancano dati europei, ma sicuramente da noi  - dove la cultura del risk management è poco diffusa  -  la situazione è peggiore.

Christof Bentele, responsabile global crisis management di AGCS, ha elencato i costi e descritto gli scenari delle crisi in cui rischiano di precipitare le aziende costrette a richiamare o ritirare un prodotto alimentare contaminato per cause accidentali o dolose, portando quindi al dibattito le soluzioni assicurative e di gestione della crisi che AGCS offre alle imprese. Non soltanto per i cibi e gli alimenti, ma per tutti i prodotti oggetto di “recall” (richiamo) da parte dei produttori sia perché risultano pericolosi, o soltanto difettosi.

Molti settori dell’economia, come energia, dettaglio, alimentazione, turismo, costruzioni, trasporti, sono sensibili ai mutamenti del clima quanto o persino più di quanto non lo siano ai tassi di interesse o alle fluttuazioni dei cambi. Si stima che il 70% delle aziende siano esposte a “seri rischi meteorologici”, un dato sinora sottovalutato. Per esempio il costo di ritardi dovuti al meteo per le imprese di autotrasporti negli USA ammonta a 3,5 miliardi di dollari all’anno.

Gestione del rischio meteorologico, ha spiegato Dan Tomlinson, managing director di Allianz Risk Transfer, significa gestione dei rischi finanziari che sono direttamente o indirettamente legati al verificarsi di un evento meteo osservabile o alla variabilità di un indice meteo misurabile: “Sostanzialmente non è necessario alcun danno fisico perché avvenga un pagamento, a differenza di quanto avviene per i prodotti assicurativi tradizionali.

Questo tipo di prodotti si basa sull’uso di dati meteo - temperatura, precipitazioni, nevicate e vento - come riferimento per gli indici di rischio”.

Le relazioni e il dibattito sono stati introdotti dagli interventi di Andreas Berger, AGCS board of management - chief regions & markets officer, di Patrick Thiels, regional Ceo Mediterranean France e Benelux AGCS, di Giorgio Bidoli, country manager AGCS Italy, e di Angela Rebecchi, head of market management AGCS Italy.






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