domenica 12 agosto 2012

la carne del futuro


Mucche, allevamenti e macellai addio. Per mangiare una bistecca, nei prossimi anni potrebbe bastare rivolgersi agli scienziati. All’università di Maastricht, in Olanda, il team guidato dal fisiologo Mark Post sta sperimentando la produzione di carne di laboratorio su larga scala. Ed entro il prossimo anno potremmo vedere il primo panino farcito con un hamburger creato in vitro, tra due fette di formaggio e una spruzzata di ketchup. Un procedimento innovativo, dicono dall’università olandese, che in futuro potrebbe servire a ridurre «gli allevamenti di bestiame, rivoluzionando il modo di pensare la carne e di rispondere alla crescente domanda di cibo».
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha stimato che la domanda di cibo, carne compresa, raddoppierà nei prossimi 40 anni per via della crescita demografica mondiale. Ma i metodi di produzione attuale, commentano gli scienziati olandesi, non potranno far fronte a questa richiesta. Così, vista la crescente espansione degli allevamenti ai danni delle piantagioni, sia la carne sia gli altri cibi base della nostra dieta rischiano di diventare beni di lusso. «A meno che non si trovi un'alternativa». Che, secondo il team guidato da Mark Post, è rappresentata dalla produzione di carne in laboratorio.
«Gli attuali allevamenti di bestiame non sono sostenibili», spiega Mark Post, «sia da un punto di vista ambientale sia in termini di quantità. Stiamo usando più del 50% delle nostre terre coltivate per gli allevamenti: è semplice matematica. Dobbiamo fornire delle valide alternative. Se non facciamo qualcosa, presto la carne diventerà un raro cibo di lusso molto molto caro».
I primi esperimenti per produrre carne in vitro sono stati effettuati all’inizio degli anni Novanta dalla Nasa, con l’obiettivo di trovare cibi che potessero essere conservati per lunghi periodi dagli astronauti nello spazio. La tecnica, basata sulla proliferazione di cellule di tacchino prima e di pesce rosso poi, nel 1995 è stata approvata dalla Food and drug administration (Fda). Le ricerche sono poi continuate in Olanda, negli atenei di Amsterdam e Utrecht. Finché nel 2008 la Peta (associazione per il trattamento etico degli animali) offrì 1 milione di dollari di premio alla prima azienda che avesse fornito ai consumatori carne di pollo creata in laboratorio. E nel 2009 il Time inserì la carne in vitro tra le idee straordinarie dell’anno. Ma da allora nessuna bistecca “cruelty-free” ha ancora messo il naso fuori dai laboratori.
Gli allevamenti attuali, spiegano i ricercatori di Maastricht, «contribuiscono al riscaldamento globale attraverso il rilascio incontrollato di metano, che è 20 volte più potente di un gas serra come l’anidride carbonica». Tanto che «questi allevamenti sono responsabili del 30% del metano esistente sulla terra e del 5% della anidride carbonica presente in atmosfera», scrivono i componenti del team di Post. A questo si aggiungono i consumi eccessivi: «Maiali e mucche trasformano solo il 15% delle proteine vegetali assunte in proteine animali commestibili», dicono, «ma occupano più del 70% di tutte le terre coltivabili. E per produrre un chilo di carne occorrono più di 15 mila litri di acqua».

Ma come funziona la produzione di carne in vitro? «Gli hamburger saranno fatti di carne sviluppata in laboratorio dalle cellule staminali dei muscoli dei bovini. E i metodi di tecnologia alimentare già largamente in uso saranno usati per garantire consistenza e sapore appetibili», spiegano dall'università. Le cellule staminali dei muscoli vengono raccolte attraverso una semplice biopsia. Per essere poi «nutrite e allevate» in laboratorio. In questo modo possono crescere e fortificarsi per creare nuovo tessuto muscolare. Il muscolo finale viene poi sviluppato «allungando» le cellule proliferate tra due sostegni di velcro. E la tendenza innata di queste cellule ad aderire l’una all’altra causa l’aumento di volume, creando quindi in piccoli filamenti di carne. «Per creare un intero hamburger», spiegano i ricercatori olandesi, «servono tremila filamenti di carne di questo tipo».
«La produzione di carne in rappresenta l’opportunità di creare un nuovo modo più salutare di assaporare e consumare proteine naturali, che sono una parte chiave della nostra dieta», si legge nella presentazione della ricerca. «Il progetto potrebbe anche essere la risposta ai problemi di carenza di cibo e alle problematiche ambientali». Con l’aggiunta di una motivazione animalista: «Questi esperimenti possono evitare che gli animali vivano in cattive condizioni negli allevamenti per poi essere macellati».
Ma è sano mangiare carne prodotta in laboratorio? «Certo», rispondono, «la carne è prodotta da cellule staminali, cresce naturalmente con l’aiuto di nutrienti naturali e durante i processi produttivi non vengono aggiunti altri prodotti chimici». Tanto che «può anche essere più sana di quella proveniente dagli allevamenti animali». Senza contare che manipolandola si potrebbero pure ridurre i grassi, che aumentano la probabilità di malattie cardiovascolari, o aggiungere nutrienti.
E il sapore? «Sarà identico a quello della carne da allevamento», assicurano. Il primo hamburger potrebbe finire tra due fette di pane entro i prossimi 12 mesi. Ma da qui a vederlo nei frigoriferi dei supermercati o sui banconi del macellaio passerà ancora un po’ di tempo. «La tecnica deve essere rifinita per permettere la produzione di massa», assicurano, «in ogni caso questo accadrà entro i prossimi vent’anni». Il costo dell'operazione, però, è decisamente più caro di un cheeseburger da fast fodd: 250mila euro è quanto un donatore anonimo ha sborsato in favore dell’esperimento di Mark Post per il primo hamburger prodotto in vitro.


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